Quello di Drak’kast è un mondo rischioso, selvaggio, dominato da profondi e oscuri misteri che aspettano solo di essere riportati alla luce. Un mondo in cui ognuno è costretto a sfidare la stirpe dei draghi e la sua egemonia, aprendosi un varco nel fuoco con il crudele acciaio nel pugno... o andando incontro alla morte.

mercoledì 24 agosto 2011

Il personaggio mitico che ha ispirato il protagonista del Drak'kast

Il Mito di Orfeo ed Euridice


Dopo aver esplorato il mito di Eros e Psiche, nel capitolo precedente, è la volta di Orfeo ed Euridice che si inscrive all'interno di quel senso più ampio dell'incapacità umana nell'adeguarsi alle leggi meccaniche della natura, accostandosi pur sempre alla forza cosmica dell'amore, ravvisata nel precedente mito esposto.

Figlio di Eagro (secondo altri di Apollo) e della musa Calliope, Orfeo fu allevato da Lino ed istruito nel canto, e ricevette dal divino Musagete una lira a sette corde, alla quale il mitico cantore ne aggiunse altre due; le stesse muse gli insegnarono a suonare lo strumento, in modo da sortire mirabili effetti: sì meravigliosa era la musica che ne traeva dal divino dono, mentre ammansiva le belve con un semplice suono profferto, e i sassi diventavano sensibili, addirittura muovendosi verso di lui come sedotti; ma non soltanto animali selvaggi, e ancora alberi, oggetti inanimati sulle pendici dell'Olimpo venivano incantati, che per meraviglia e beltà prodotte lo seguivano senza sosta; perfino in Tracia, alcune querce di montagna lo seguirono nelle sue danze, descrivendo tuttora, alla sua partenza, lo schema di quelle misteriose movenze.

Orfeo visse in Tracia all'epoca degli Argonauti, che accompagnò nella loro spedizione alla conquista del vello d'oro, dopo essere tornato dall'Egitto, e subito dopo il suo ritorno (durante il quale egli fu protagonista di leggendari prodigi come il placare le onde del mare il tempesta e l'animo afflitto dei propri compagni), si insediò qui definitivamente. Incantate dalla sua voce pura, dono della madre Calliope, le ninfe lo seguivano ed erano tutte innamorate di lui, ma fra esse egli scelse, proprio in Tracia e con meno superbia di Narciso, la giovane e graziosa Euridice (o Agriope), figlia di Nereo e Dori. Talmente il cantore era innamorato e sedotto dalla giovane fanciulla, al pari degl'effetti prodotti dalla sua lira, che le nozze non tardarono a sopraggiungere; ma il fato fu più lesto ed infausto nella sua ineluttabile risoluzione.

Un giorno, il pastore Aristeo, innamorato anche lui di Euridice, avendola incontrata in una campagna nei pressi della Valle di Tempe, nella vallata del fiume Peneo, iniziò a rincorrerla con l'intenzione di rapirla e possederla. La giovane sposa fuggì, allontanandosi dalle malefiche mire del pastore, che tentava di usarle violenza, ma nel correre tra l'erba, venne morsa da un serpente velenoso e morì dopo pochi istanti. Inconsolabile e disperato per questa perdita, Orfeo si crucciò così tanto da decidere d'intraprendere un nuovo e periglioso viaggio; questa volta non avrebbe accompagnato alcun equipaggio alla ricerca d'un tesoro o di quelle emozioni che s'addicono a un marinaio; bensì, un viaggio solitario che l'avrebbe visto impegnato nella discesa dell'Ade, nel tentativo di ricondurre la propria amata sulla terra, alla luce del Sole. Così, armato della sola lira e del proprio coraggio, si spinse oltre i confini della Tesprozia, raggiungendo Aorno, dov'era sita una delle porte per l'Oltretomba. Nel discendere i regni della morte, Orfeo s'imbatté nei suoi primi ostacoli e parimenti li superò trascendendo le proprie attitudini artistiche: ammansì con una placida nenia Kerberos, il Guardiano a Tre Teste; incantò Caronte, nell'ottenere il favore del passaggio oltre la riva dello Styge, senza dover pagare alcun obolo; arrestò la Ruota infuocata di Issione; e persuase Aidoneo e Persefone affinché gli fosse restituita la sposa amata. Gli fu difatti concesso, attraverso l'incanto della musica, di tirarla fuori dal quel luogo buio e tenebroso, purché si fosse astenuto dal guardarla in viso prima che avessero incontrato la luce del sole. Orfeo ottemperò alla condizione impostagli fino alla soglia degli inferi, attraversando abissi e profonde voragini, e finanche schiere di anime, affidandosi al suono della lira, quale guida devota; ma egli, poiché non percepiva il passo della sua adorata e temendo l'inganno dei Giudici dell'Ade, si volse per guardarla, stavolta il tempo necessario per assistere nuovamente alla sua scomparsa tra le profondità del nulla. Allora, egli ritornato nel mondo della luce, non smise un istante di piangere la moglie perduta, denigrando ogni altra donna gli si parasse di davanti. Così tale atteggiamento sprezzante e oltraggioso nei confronti delle baccanti Ciconie (appartenenti alle donne della selvaggia Tracia), fin troppo esasperate, le portò a vendicarsi nella maniera più barbara che si potesse addire ad una menade devota a Dioniso (altre varianti vogliono la stessa divinità del vino come diretto carnefice di Orfeo, poiché quest'ultimo invece di onorare Dioniso, per di più sostituendovi i suoi rituali, dall'alto del monte Pangeo ogni mattina si alzava presto per inneggiare Elio, ossia Apollo; terribile affronto questo da sopportare per una divinità orgogliosa come Erifo). Dioniso, così, intessé un terrificante complotto nei confronti del cantore di Tracia. Istruì per bene le menadi, sue seguaci, ed esattamente a recarsi presso Deio in Macedonia, dove lo avrebbero fatto a pezzi, e insieme a lui tutti i mariti che fossero entrati insieme al cantore, nel recinto sacro del Tempio di Apollo; e così fu. In ogni caso, o nell'una o nell'altra variante, il punto comune fu lo smembramento (sparagmos) di Orfeo. Le Muse, di conseguenza, contrite del forte dolore per aver perso un tale miracolo dell'arte, se non loro pupillo e altresì figlio, raccolsero le sue membra e le seppellirono a Libetra, ai piedi del monte Olimpo; al contrario, i suoi rei carnefici, presi ancora dalla furia instillata da Dioniso, non nell'atto di officiare la divinità stessa a loro devota ma più vicina ad una sorta di furia omicida, tentarono di purificarsi da quel crimine, nel sangue di Orfeo presso il fiume Elicona; ma essa soltanto sarebbe rimasta una macchia indelebile, poiché tale misfatto non poteva essere taciuto nemmeno da un dio compiacente; e per questo, il dio fluviale, inorridito da tale spettacolo, si ritirò nell'Oltretomba, riemergendo in un secondo tempo col nome di Bafira. Di tutte le parti del corpo, solo la testa venne dispersa e gettata nel fiume Ebro, da dove essa raggiunse il mare e trasportata dalle onde sull'isola di Lesbo (conservata successivamente nel tempio di Dioniso). Qui poiché continuava a parlare e a oracolare, e ancora a spergiurare contro Apollo, facendogli perdere così fedeli, fu da Apollo stesso fatta tacere per sempre, in maniera perentoria. Medesima sorte, e per fortuna non fatto tacere, ebbe lo strumento per eccellenza di Orfeo, la lira, portata e custodita a Lesbo, presso il Tempio di Apollo, riconoscendo infine alla città il ruolo primario che ebbe in Grecia nel campo della musica e della poesia (nella fattispecie si fa riferimento anche alla città Antissa, dove lo stesso cantore, Terpandro divenne una leggenda del canto, e a lui accreditato il passaggio della lira dalla forma tetracorde a quella eptacorde).

sabato 20 agosto 2011

Drak’kast – Storie di draghi

Autore: Fabrizio Corselli
Titolo: Drak’kast – Storie di draghi
Collana: Fantasy – Spade d’Inchiostro
Pubblicazione: Aprile 2011
Pagine: 220
Prezzo: € 12,00
Formato: 14 x 21
ISBN: 978-88-97139-05-8



Quello di Drak’kast è un mondo rischioso, selvaggio, dominato da profondi e oscuri misteri che aspettano solo di essere riportati alla luce. Un mondo in cui ognuno è costretto a sfidare la stirpe dei draghi e la sua egemonia, aprendosi un varco nel fuoco con il crudele acciaio nel pugno… o andando incontro alla morte. In questa era, meglio conosciuta come Primordium Draconis, esiste però anche chi ha scelto di non combattere i draghi: gli Hadragnir, incantatori disposti a sposare la loro causa per preservare l’equilibrio tra le razze. È qui che entra in gioco il personaggio di Elkodyas, il leggendario drago mutato in un elfo cantore, unico eroe tanto audace da sfidare le insidie e i pericoli celati nella Foresta di Smeraldo alla scoperta di quei segreti che per troppo tempo sono rimasti confinati in essa. Avventura, melodia e incanto. Drak’kast è tutto questo. Da tempo niente era più così epico.

I miei draghi sono nati per portare l’arte agli uomini. Essi cercano di ricordare alla società che l’arte, la poesia, la musica hanno un enorme potere che non dobbiamo ignorare. Sono davvero contento che accompagnino i versi di Fabrizio Corselli in queste meravigliose storie. Spero proprio che le sue parole e le immagini rievocate dei miei draghi possano incantare chiunque legga il libro, permettendogli di condividere altri mondi, anche se per un momento solo.” – Ciruelo Cabral.

Sito ufficiale: www.drakkast.sitiwebs.com